Il terrore di Montale

Presentazione del nuovo numero di Charta Sporca, in uscita lunedì 18 maggio
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di Giovanni Benedetti

La parola italiana “terrore” deriva dal latino terròrem (da tèrreo per *tèrseo, *trèseo; la radice è TRA-, TAR- che indica movimento e agitazione) ed esprime uno spavento tanto grande da fare impallidire, tremare le membra e piegare le ginocchia. A fianco delle immediate definizioni di “terrore, spavento” il vocabolario Castiglioni Mariotti riporta anche l’accezione di “minaccia”, risaltando la sfumatura del significato di terrore come paura provocata da qualcosa o qualcuno.

Nella nostra cultura odierna questo termine viene utilizzato in maniera principalmente negativa, ma dev’essere per forza così? Nella poesia Forse un mattino andando in un’aria di vetro, Eugenio Montale immagina di voltarsi mentre cammina e trovare “il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro / di me, con un terrore di ubriaco”. Tale esperienza suscita uno sgomento tanto profondo da essere a buon diritto definito con il termine di “terrore”, eppure si risolve positivamente. Per Montale infatti, la realtà è una finzione dalla quale fuggire per mezzo di un varco, una maglia rotta nella rete / che ci stringe (In limine). La ricerca, la domanda incessante (Il varco è qui? La casa dei doganieri) ha un suo piccolo esito in questa poesia e accade il miracolo. La rivelazione dura meno di un attimo: alberi, case e colli si accampano immediatamente… ma quel momento è bastato e Montale può continuare a camminare tra gli uomini che non si voltano col suo segreto. Il terrore che lo attraversa è causato nientemeno che dalla conferma del suo credo e viene a sua volta superato conducendolo a una maggiore forza e sicurezza, tramite esso il poeta conquista il tratto distintivo rispetto gli altri esseri umani. Tirando qualche capello, si potrebbe riesumare uno dei pilastri morali del teatro greco classico, ovvero conoscenza tramite la sofferenza.

Concludo con questa considerazione: il terrore, come ogni emozione, è un qualcosa che si manifesta in noi stessi e ci smuove da uno stato A a uno stato B (strappiamo tutta la chioma: non si parlava di movimento all’inizio?), come la crisalide che attraverso la rottura del bozzolo torna alla luce sotto forma di farfalla. Potremmo dire se la rottura del bozzolo è stata positiva o negativa? Non resta che augurarsi un po’ di terrore (qui ne troverete già 5 pagine, 16 se siete spiritosi).

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