Durante la presentazione del numero di Charta Sporca “Economie della perdita”, la discussione si spostò, dopo molte digressioni, sulla figura del martire. C’era chi lodava i gesti di sacrificio, chi li riteneva inutili: ci si presentava, così, senza sforzo, il tema di questo nuovo numero.
Non spenderò qui molte parole a spiegare perché il martirio partecipa alla logica della perdita, poiché qui si vuole raccontare qualcos’altro, nel nome del criterio eclettico che ci contraddistingue e che garantisce ad ognuno dei nostri autori la libertà di interpretare i temi a piacimento. Ci accontentiamo di lasciare al lettore una serie di spunti da cui partire, e mai un arrivo.
Affrontiamo la questione del martire in nome di un appello eretico, poiché, in passato, figure eroiche pronte al sacrificio si opponevano all’ortodossia, e poiché la celebrazione di quel sacrificio è ancora presente ai giorni nostri. Qui dichiariamo che ogni eroe è terrificante: se anche l’eresia chiede un tributo di sangue, riproduce il sistema mitologico del potere e sostituisce le proprie lapidi a quelle ufficiali, allora criticare il martirio significa riscrivere l’eresia, la rivoluzione, ogni trasformazione, come qualcosa di essenzialmente debole. Se mi è permesso parafrasare Daniele Giglioli (Critica della vittima, Nottetempo), la pericolosità del sacrificio si ripresenta a ogni genesi e atto di fondazione: che gli eroi coincidano con le vittime, e non salvino più nessuno.
Ecco perché Zeper ricorda, grazie a una puntuale digressione storica, il valore collettivo dell’atto sacrificale; Plesnizer parte da un’interpretazione di Volonté, questa volta nei panni di Giordano Bruno, per interrogarsi sull’attualità di quel sacrificio; Carchidi ritorna a Kirillov, personaggio de I demoni di Dostoevskij, che ci permette di dissociare morte e follia; Pittioni affronta l’eccedenza di senso che abita i morti di stato; Tieri assume una prospettiva sistemica per denunciare il sacrificio del nostro pianeta; Muni, infine, propone la sua traduzione di Mourir pour de idées di Brassens, già resa celebre nella versione di Fabrizio De Andrè – che egli afferma di non aver mai ascoltato. Noi questa volta gli crediamo, per sfregiare davvero tutti i miti, anche quelli buoni:
Ma voi, gli incendiari
voi, i bravi apostoli
perché non morite voi per primi, vi cediamo il passo…