Concertone del Primo Maggio: la rinascita degli italiani

di Alina Tomasella

Mi sono rotto il cazzo della “Nuova Musica Italiana”
tutti al concerto del Primo Maggio, come fosse il Coachella
e invece nelle fabbriche… i soliti quattro stronzi

Versione rimaneggiata di Mi sono rotto il Cazzo (Turisti della democrazia, Garrincha Dischi 2012) di Lo Stato Sociale, in apertura al Concertone 2018.

C’è chi li chiama deja-vù, chi luoghi comuni, chi simboli: ognuno di noi riconosce, e si riconosce, in certe ricorrenze che sono allo stesso tempo private e collettive. Il Primo Maggio può significare le lotte e le battaglie per i diritti dei lavoratori (di cui ormai i sindacati si fanno carico solo a flemmatici giri di parole ai microfoni delle tv); ci sono invece quelli a cui il Primo Maggio evoca il corteo della piazza, quelli del bicchiere di vino rosso in compagnia, quelli del Primo Ponte di ferie bagnato da un caldo sole primaverile; ma per tutta Italia, che si rientri da una casa del popolo o da una scampagnata, il Primo Maggio è anche e soprattuto il Concertone di Piazza San Giovanni a Roma.

Un topos radicato nell’immaginario collettivo, una colonna – sonora – portante dell’identità comune che ogni anno ritorna su Rai 3 (per chi non si sia recato direttamente nella capitale) e che ogni volta, forse dimentichi dell’anno precedente, ci ostiniamo a controllare che ci sia: ma al primo suono di un coro con tamburi africani, di Bella Ciao dei Modena featuring Goran Bregovic o della solita tammurriata, ci prende l’orticaria, spegnamo il televisore e commentiamo con qualcuno di quanto il concerto del Primo Maggio ancora una volta sia di una noia mortale. Nell’ultima edizione invece si è sentita un’aria diversa, una rinnovata voglia di cambiamento che ha investito in realtà tutto il panorama della musica italiana in generale e che, fortunatamente, si è riversata anche nelle scelte autoriali del concerto romano.

Innanzi tutto niente più revival della musica popolare o sconosciuti personaggi che ascolti una volta e poi non rivedi più, ma finalmente una scaletta che riflette alcuni dei gusti più contemporanei, con “big” non scontati che hanno fatto la storia, da Carmen Consoli a Max Gazzè, dalla Nannini a Le Vibrazioni, e soprattutto con una folta schiera di giovani leve, esordienti e non, specchio della sorprendente sensibilità musicale che è andata costruendosi negli ultimissimi anni. Sono questi gli esponenti di un originale rinascimento che se vogliamo stanno rifondando l’idea stessa della canzone italiana così come ci eravamo abituati a conoscerla. Qualcuno ha cercato di definirli nel genere, ma senza ricorrere ad etichette inutili, e per tanti anche un po’ scomode, è certo che questi nuovi musicisti abbiano voluto lasciarsi alle spalle la logica dei talent e portare avanti i loro progetti attraverso altri canali, nella maggior parte dei casi autoproducendosi e autofinanziandosi. Ciò gli ha permesso di esprimersi più liberamente, di registrare quello che volevano e postarlo su Youtube, o magari di esibirsi in qualche club minore mantenendo la propria personalità, la propria purezza, ancorché rozza, inesperta o antiestetica, ma se non altro genuina. Un movimento che si sta solo adesso aprendo al successo e che dimostra quanto il mercato discografico in Italia abbia da tempo teso ad essere appiattente e fagocitante, e quanto ancora faccia difficoltà ad indicare percorsi alternativi ai successi mainstream.

Ma pian piano le cose stanno cambiando e forse qualcuno al Concertone se n’è accorto. Per tutto il pomeriggio e la prima serata infatti si sono susseguiti giovani più o meno conosciuti, provenienti ad esempio dalla scena rap nostrana, non solo Sfera Ebbasta, ma anche Achille Lauro, Gemitaiz, Willie Peyote e Frah Quintale che propone una degna di nota Nei treni la notte, cartolina cruda e sentimentale della periferia:

Abbiamo visto i quartieri i locali i bicchieri spaccati
E l’eroina sopra le stagnole
Camminavamo nei treni la notte
Per scrivere il nostro nome
Ed aggiungere un po’ di colore

Nell’album Regardez Moi, Undamento 2017

E poi altri nomi, come Galeffi, Maria Antonietta, Gazzelle, Canova o Mirkoeilcane, Quest’ultimo, rivelazione di Sanremo 2018 – anche a Sanremo si sta smuovendo qualcosa? – e acclamato dalla critica, ripropone Stiamo tutti bene, nella quale dipinge con una tale sensibilità e maestria recitativa la tragicità dei barconi nel Mediterraneo:

E poi c’è questo di fianco che ha chiuso gli occhi e non li apre più
E’ da due giorni che dorme, che pare non respiri
Non ho mai visto nessuno dormire così tanto
Ho chiesto a mamma e ha detto che era proprio stanco … boh

 

 

Tratta dall’album Secondo me, Fenix Entertainment/Believe 2018

In un’epoca nella quale ci siamo abituati alla liquidità di pensiero e siamo assuefatti dal rumore del post-ideologico i giovani hanno deciso di contrapporre una propria voce chiara. 
La loro urgente espressione si fa semplice negli arrangiamenti – risolti in canzoni che pesino poco sull’hard disk del portatile di casa – e si fa quotidiana nei testi, spogliati del fardello militante dei cantautori classici, ma non per questo meno “impegnati”, cercando di descrivere le sfaccettature di una generazione. Un nuovo modo di comunicare la precarietà e la voglia di riscatto, che parla a chi e di chi è nato alla fine del secolo ed è cresciuto tra il provincialismo e l’Erasmus, di chi ha trovato gli amori a bordo di un treno regionale e li ha fotografati in una storia di Instagram o di chi a trent’anni cerca ancora un lavoro ma ha già un figlio.

Ma ci sono ancora un paio di artisti ai quali dedicare una menzione particolare. Cosmo, energico ex professore al suo secondo album, che sperimenta un pop elettronico con reminescenze à la Battisti, unito a dei testi singolarmente intimi e a volte dissacranti:

Toc toc
C’è la realtà che mi bussa alla porta
Non so
Se aprire o se nascondermi
Toc toc
La cosa mi mette a disagio
Che ne so
La butto sulla simpatia
Presto, presto, che mia nonna inizia ad annoiarsi
Fate entrare quei pagliacci mentre chiamo un taxi
C’è la coda lì alle casse, svuota le tue tasche
Fatti esplodere comincia ahahah

 

 

Da Turbo, edita nell’album Cosmotronic, 42 Records 2018

E infine, giunti dal bagno di popolarità del palco di Sanremo, Lo Sato Sociale, un gruppo di dj bolognesi già in giro dal 2010 – ma che solo col festival hanno raggiunto il grande pubblico – in grado di fotografare con acuta sagacia vizi e virtù della società senza sottrarsi ad una notevole dose di scanzonata autoironia:

Sono così indie che uso la parola indie da dieci anni e nessuno ha ancora capito che cosa vuol dire
Però andiamo a Sanremo che non è una cosa molto indie
Facciamo un best of che non è una cosa molto indie
Non diciamo le parolacce che non è un atteggiamento molto indie
Ma vai a fanculo
Però dici che adesso l’indie va di moda quindi fanculo tutti facciamo il cazzo che ci pare

 

 

Da Sono così indie, versione aggiornata, riedita nell’ultimo album Primati, Universal Music/Garrincha Dischi 2018

Quest’anno merita perciò andare a curiosare tra i video del Concertone, con la sicurezza di non rimanere troppo delusi.

Per recuperare tutte le esibizioni del Concerto del Primo Maggio 2018 visitare il portale RaiPlay.it

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here

Ti potrebbe interessare