L’Isis e i mass media

di Andrea Muni

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Da giorni ormai non si fa altro che parlare dell’Isis, o Is. L’esercito islamico che recluta cani e porci alla causa integralista, combattuta sul campo di un Iraq e di una Siria devastate dalla guerra civile. Il numero di etnie e di forze in gioco presenti sul campo rende il nuovo conflitto medio-orientale un vero coacervo di lotte inter-etniche a somma non zero (come si dice nella teoria dei giochi: il che banalmente significa che, inevitabilmente, ci perderanno tutti). Ci sono gli sciiti, ci sono i sunniti, i sunniti integralisti dell’Isis (ma una volta non si diceva che gli islmaci radicali erano sciiti?! boh…), i curdi socialisti del PKK e del YPG, gli americani, gli Yazidi, le minoranze semitico-cristiane. Un vero rettilaio.

L’Is è un aspirante stato cuscinetto tra Siria e Iraq che si è dichiarato indipendente per bocca del suo fantomatico capo Abu-bakr al-Baghdadi (evidentemente uno pseudonimo che rimanda al fondatore della setta sunnita) il 9 aprile 2013. Sì, non è un errore di battitura: il 9 aprile 2013, più di un anno fa.

In questo breve periodo l’esercito islamico è giunto controllare una porzione di Medio Oriente del tutto considerevole, mentre nessuno in Occidente ne conosceva neppure l’esistenza (prima di due mesi fa nessuno aveva sentito parlare dell’Isis). Non ne conoscevamo l’esistenza perché mediaticamente sarebbe stato disastroso per gli Stati Uniti far trapelare l’evidenza che a un anno dal loro totale ritiro dal Medio Oriente, e a soli quattro anni dal loro ritiro militare in Iraq, uno stato islamico di grandi proporzioni andava formandosi a danno dello stato fantoccio dell’Iraq democratico e dell’autolesionista Siria fratricida. L’Is è giunto all’onore delle cronache come se fosse qualcosa di nato da qualche giorno e che dal nulla cerca di conquistare il mondo.

Il motivo del fatto che i media palesemente ci inducono a credere che il fenomeno Is sia qualcosa di appena esploso (segnalo a questo proposito il Corriere della Sera come un caso raro di millantazione ideologica spalmata sotto a fotografie e didascalie), è proprio il fatto che in tal modo si distoglie l’attenzione dell’opinione pubblica dal totale fiasco della politica militarista americana. Quella politica che doveva portare pace e democrazia e ha lasciato solo violenza, guerre interetniche e dittature ancor più sanguinose di quelle che ha detronizzato. Ed è ora che le persone che hanno un minimo di onestà intellettuale lo riconoscano, indipendentemente dalla loro collocazione politica.

Forse qualcuno inizia a rendersi conto che le dittature non sono sempre il frutto di ignoranza e di prevaricazione, ma che a volte, tragicamente, in paesi creati a tavolino come l’Iraq (creato col righello dagli inglesi ammassando etnie diverse e inconcilabili) i dittatori sono l’unico modo per conservare una pace sociale strutturalmente impossibile. Questo tipo di soluzione risale alle tirannidi greche, che servivano per mettere a tacere le guerre intestine dei vari gruppi aristocratici per il potere: è ciò che fece Pisistrato esiliando gli Alcmeonidi e pacificando gli altri gruppi etnico-aristocratici dell’Atene pre-classica.

Ma lasciando stare la “grande” storia, il punto politico è questo: in paesi in cui le differenze e le rivalità etniche sono molte, sono intrecciate e irrisolvibili, spesso è necessario un uomo forte che, pur parteggiando per un’etnia in particolare, tenga tutte le altre allo stesso livello. Non è una cosa bella, non è una cosa democratica, e non è una cosa sana, ma è così. Perché ci accorgiamo dei massacri dei curdi quando li fa Saddam e quando li fa l’Is, mentre quando li fa la Turchia, fedele alleato della Nato e degli Usa, non ce ne accorgiamo? Qualcuno si ricorda di Öcalan?

Il collettivo comunista di scrittori Wu ming ha di recente pubblicato una lista di 30 punti in cui espone la propria riflessione sul fenomeno Is. In questi trenta punti i Wu ming sostengono implicitamente, a mio avviso, argomenti troppo vicini a quelli che hanno condotto il governo italiano ad inviare aiuti di armi e munizioni ai curdi. Indicando nei curdi (del PKK e del YPG) una forza laica, femminista, socialista e capace di ricacciare l’esercito dell’Is da dove è venuto, i Wu Ming sembrano suggerire implicitamente che abbiamo di nuovo trovato dove sono i buoni in questa selva di cattivi. Forse il collettivo è stato colto, in questo caso, da una vecchia malattia politica della sinistra di altri tempi, vecchia sinistra insolitamente e inquietantemente organica a quella “nuova” e renziana nei suoi esiti politici: quella di credere che prendere posizione politicamente significhi per forza dire per chi bisogna tifare.

Personalmente concordo con tutti i trenta punti dei Wu ming, anche con quello secondo cui l’Is è una forza imperialista e capitalista tanto quanto quella americana e ne è in certo modo un suo controeffetto, una sorta di suo specchio nero. La mia critica non è indirizzata alla sostanza delle loro tesi, ma alla loro forma ed effetto politici (anch’io preferirei che vincessero i curdi piuttosto che l’Is). Quello che i Wu ming mi sembrano dimenticare è che i curdi (del PKK) non sono i buoni, e non sono per forza più buoni degli altri perché sono socialisti (basta fare una ricerchina di dieci minuti per accorgersi che il PKK è accusato di altrettante nefandezze quanto lo sono tutte le altre forze in campo).

Se i curdi vinceranno faranno strage di sunniti e sciiti, così faranno gli sciiti se vinceranno loro, così i sunniti. Chi vincerà farà strage degli altri due. Non c’è scampo. Accettare che non c’è scampo, che il nostro militarismo ha innescato un bagno di sangue inaudito, il più grande dalla seconda guerra mondiale, questo forse può servire a qualcosa. Può servire se non altro a cambiare quella assurda e telecomandata mentalità che fa sì che ogni volta che c’è una guerra nel mondo (anche se non proprio ogni guerra, e non proprio in ogni parte del mondo), immediatamente riteniamo tutti – operai, studenti di filosofia, manager di banca, panettieri, bagnini – che sia affar nostro, e che lo sia proprio perché noi sì che siamo buoni, che siamo civili, che conosciamo la storia e la geopolitica.

Putin l’ha detto: in Ucraina abbiamo i nostri interessi, in Georgia abbiamo i nostri interessi. Punto e basta. Non ha detto vado in Ucraina per difendere la democrazia, non ha detto vado in Georgia perché sono buono, anche perché probabilmente questa parola nel suo personale vocabolario non esiste proprio, se vogliamo lasciarci scappare un sorriso amaro. Nel frattempo noi, i buoni veri, gli abitanti del migliore dei mondi possibili, proprio non ce la facciamo ad ammettere che siamo feroci belve assestate di potere come tutti gli altri, ci ostiniamo invece grottescamente a imbellettare di bontà e civiltà i fiumi di merda, di odio e di morte con cui ruscelliamo, solcandole di sangue e di dolore da secoli, tutte quelle parti di mondo che ancora ostinatamente non si sono inginocchiate alla nostra “vera cultura democratica”. Lo facciamo innescando furiose guerre inter-etniche in paesi pacificati, lo facciamo esportando la nostra cultura in cambio di vantaggiosi contratti commerciali, lo facciamo insegnando l’individualismo e il liberismo agli altri popoli, venerandolo come il totem della vera civiltà… Per quanto tempo continueremo a fare finta di credere davvero a tutto questo teatrino? Per quanto tempo ancora riusciremmo a far finta di credere che siamo i buoni?

9 COMMENTS

  1. A me sembra che Wu Ming abbia detto che il PKK e il suo omologo siriano siano gli unici che stanno fronteggiando direttamente l’Is, non che sia giusto inviare armi ai curdi. Su Vice, nei reportge dall’Iraq, emergeva un po’ la stessa cosa, con i Peshmerga fermi a vantarsi di quanto sono fighi (e di quanto sono amici degli yankee) e invece i combattenti legati al PKK sempre in mezzo ai posti più pericolosi e a realmente contrastare con metodi di guerriglia l’avanzata dell’Is, oltre a condurre anche una rivoluzione ove possibile, ovvero liberando dal gioco della religione e dello Stato le aree liberate.
    Si potrebbe aprire una parentesi enorme sul PKK che oggi non è più nulla di quello che fu. Lo stesso Ocalan ha dichiarato abbandonato il marxismo-leninismo per imbracciare il municipalismo anarchico alla Bookchin-Berneri. In questa ottica libertaria e rivoluzionaria, i Wu Ming, si sono inseriti, non certo nell’ottica del vecchio PKK nè in quella di Renzi e del capitalismo occidentale. Anzi è proprio il ruolo di rottura del PKK nell’area che secondo me è l’aspetto interessante e che più di tutto i media stanno nascondendo.

    Pensaci un attimo: hai un mostro in prima pagina da sbattere in prima pagina che è l’IS; svariate etnie/gruppi linguistici differenti nell’area che non sono in guerra tra loro a meno che l’Occidente non li armi (come ha fatto con ISIS e anche con i Peshmerga anni fa) che vanno salvate o usate per manetenere il profitto in loco e il controllo sul petrolio; hai un terzo gruppo che è un problema enorme dal punto di vista economico e politico (il PKK), ma fondamentale dal punto di vista militare. Come fai? Non puoi mica dire alla gente: “Hey, sapete, ci sono dei coglioni islamici (senza offesa a nessuno tranne che all’ISIS) che ci vogliono fottere il petrolio. Noi vorremmo dare armi e soldi a gente (i Peshmerga curdi) che diventerebbe il nostro interlocutore una volta che han battuto i coglioni grazie ai nostri bombardamenti….ehm c’è anche un gruppo che sta facendo il culo ai coglioni ovunque sia possibile…ehm hanno le donne che combattono in prima linea… ehm non sono nemmeno islamici… ehm sono socialisti… praticamente anarchici… ehm… non gliene frega un cazzo del nostro profitto… anzi credo ci volgiano morti quanti i coglioni islamici… ma solo noi che abbiamo il potere… non voi gente normale con cui punterebbero a collaborare per un futuro migliore per tutti… senza più guerre, profitto, violenza, dove le donne si sono emancipate, niente religioni del cazzo….ehm… e no questo non ve lo possiamo dire… ”
    Altro che dittature.

  2. Sono totalmente d’accordo con te, infatti ho precisato che anch’io preferirei vincessero i curdi, e i curdi “giusti” in particolare. Quello che discutevo è la logica del tifo, che mi sembra i Wu ming (e tu con loro) perseguano abbastanza esplicitamente, che fa sì che riteniamo sempre che in qualche modo siano cazzi nostri; che una volta che abbiamo capito per chi tifare e dove è il bene, via, andiamo facciamo ancora un po’di guerra… giusta, vera, santa! Siamo talmente immedesimati in tutto questo che non riusciamo nemmeno a immaginare per un momento che semplicemente non siano cazzi nostri, e più tentiamo di aggiustare le cose peggio facciamo. Questo è il momento delle riflessioni autocritihe, non di trovare gli ennesimi liberatori da santificare in anticipo. Anche perché non è che i laici socialisti, quasi anarchici femministi siano gente che per forza non farà strage e scempio dei propri nemici. Se pensi che i curdi non si vendicheranno altrettanto ferocemente delle etnie che li hanno tenuti soggiogati da sempre, a mio avviso, stai sognano un mondo bello ma che non esiste. Le gente che non conta un cazzo sarà vittima di quest’odio, gente di cui non ci ricorderemo mai, non i potenti, l’odio si sfogherà su ciò che c’è di più vicino, facile, banale, fragile, immediato.

  3. Ho menzionato i Wu ming perché sono un collettivo a cui, come molti altri, mi sento vicino e di cui condivido le prese di posizione, ma ho la sensazione che sulla questione “guerra” abbiamo veramente passato il segno, tutti, e che sia il caso di ripartire veramente da zero con una riflessione differente. Il mondo non è il nostro salotto, non è un luogo di fantasia su cui possiamo sfogare le nostre ambizioni politiche, di qualunque colore siano. Così facendo rischiamo di fare lo stesso gioco dei nostri nemici politici.

  4. Faccio una precisazione, Andrea: i Peshmerga non sono la stessa cosa del Pkk e del suo braccio armato. Parliamo di entità distinte: i peshmerga sono i militari curdi dell’Iraq e vicini agli Usa, e sono entrati anche in conflitto con il Pkk (che – semplificando – ha la sua base in Turchia). Quando si parla di finanziare e armare i “curdi” ci si riferisce ai Peshmerga e non al Pkk. Non c’è quindi organicità tra Renzi e sinistra antagonista, se così vogliamo chiamarla.
    E’ tutto spiegato dettagliatamente, con citazioni e fonti che ricostruiscono almeno in parte quello che è accaduto negli ultimi mesi, in questa versione ampliata dei 30 tweet dei Wu Ming: https://storify.com/wu_ming_foundt/per-capirci-qualcosa-la-guerra-all-isis-il-ruolo-d .
    Comunque, capisco che non è questo il punto dell’articolo. Lo condivido nell’impostazione. C’è un chiara lacuna informativa – sbilanciata pesantemente sull’Italia, rispetto ad altri paesi – sulle reali dinamiche politiche e militari in Iraq e Siria, come informi in apertura. Non è accaduto tutto all’improvviso. E quei 30 tweet hanno almeno scoperchiato notizie decisive su quello che accade. Anche perchè poi si finisce per alimentare quell’assurda spirale di aut aut del tipo Usa o terrorismo, interventismo o barbarie, ecc. Come se una forza di massa come il Pkk, insieme all’ YPG, non esistesse e non riuscisse a fermare, già ora, l’avanzata dell’Isis. Io partirei da qui: c’è una differenza abissale tra armare e finanziare un’entità in Medio oriente ( che sia l’Isis prima, o i Peshmerga dopo, come sembra voler fare Renzi ecc.) e il riconoscere l’esistenza di un movimento popolare e radicato, che combatte anche al fianco di sunniti (e questo ci dà un’indicazione su un diverso grado di tolleranza almeno). C’è una diversità di merito, non un unico calderone di spietati tagliagole: riconoscerla non vuol dire tifare. Su questo punto dissento, proprio perchè non è il nostro salotto, dove, è vero, non possiamo intervenire per “fare ordine e pulizia”, e dove è altrettanto vero che non possiamo sederci e stare a guardare la situazione come lo schermo di un televisore. “Non sono cazzi nostri”, è ancora vero, ma è inevitabile entrarci in contatto, anche solo da un punto di vista informativo. Perchè lì stiamo già intervenendo, lo abbiamo già fatto. E prendere una posizione politica, che è poi anche un’angolazione per guardare e giudicare, non vuol dire automaticamente discernere i buoni dai cattivi. Ci sono altre categorie politiche utilizzabili. Le differenze, nel quadro indistinto, si possono tracciare: tra un movimento locale e un esercito imperialista, tra un gruppo armato fondamentalista e la resistenza popolare (che è presente anche nei territori nelle mani dell’Isis), tra forza di liberazione e forze di dominazione.
    Anche solo uno sguardo del genere – sulle notizie, sugli eventi significativi, sugli atteggiamenti – cambia di molto il quadro della situazione. E ci permette di evitare la solita trappola ideologica…
    Davide

    • Mi sembra difficile però che se l’Is dovesse continuare la sua avanzata, i curdi non si trovino costretti a fare fronte comune, peshmerga, PKK e YPG (in Siria), tutti sulla stessa barca (cfr. questa foto molto istruttiva https://twitter.com/ArjDnn/status/505626140506345472?utm_source=fb&utm_medium=fb&utm_campaign=MarxistiNordEst&utm_content=505649669796810752). Certamente troveremo guerriglieri “socialisti” che usufruiranno indirettamente degli aiuti militari che il governo italiano ha offerto ai peshmerga. Se curdi “socialisti” (tanto per capirci) stanno difendendo una posizione strategica per non far prendere all’Is un importante pozzo di petrolio o una città, e chiedono aiuti ai peshmerga, i peshmerga cosa pensi che faranno? Non faranno mica marcire gli aiuti in magazzino, mentre potrebbero servire a difendere la loro gente. Non gli diranno mica di fottersi…:)…e di certo non perché sono buoni, ma perché non gli conviene. E questo è un primo punto. Un secondo punto è che già si prepara, non in Turchia, dove per i curdi non c’è speranza, ma proprio in Iraq e Siria, la nuova guerra intestina tra le fazioni curde anarchico-socialiste e i peshmerga – se dovessero riuscire a sconfiggere l’Is. Con un telefonato bagno di sangue pronto a scattare dopo quello che sta appena iniziando. Con telefonate prese di posizione, di destra e di sinistra, su quali siano i curdi buoni e da sostenere per il nascente processo del Curdistan democratico. Ma come non vedere che è una matrioska che non finisce più!?!? Rinnovo ancora più chiaramente la mia simpatia per i curdi del PKK e YPG; il punto è che credo sia meglio semplicemente esprimerla a questo punto, senza cercare di dimostrare che finalmente abbiamo trovato i buoni di questa ennesima tragedia, che è appena iniziata, di cui sapremo solo molto più in là come andrà a finire, e che certamente ci riserverà molte amare sorprese. L’informazione è quello che è, …quelle sono zone in cui non c’è praticamente nessuno, si può dire tutto e il contrario di tutto riguardo a ciò che sta accadendo lì. E’ proprio il concetto di “informare” che ci fotte, ti fai un giro su internet, e trovi gente che ti “informa” dicendo tutto e il contrario di tutto, e uno deve solo scegliere il “tutto” che gli va più a genio. E’ il capitalismo, è come un supermercato delle ideologie… ce n’è per tutti i gusti. Io non sono contro le prese di posizione, sono contro le prese di posizione che pretendono di essere qualcosa di più di ciò che sono, cioè modi di esporsi che corrono il rischio di non fondarsi su niente di certo, di morale, e di oggettivo. Credo che questo sia l’unico modo per aggirare un marchingegno molto più ben architettato di quel che si crede, un marchingegno che con successo fagocita e asserve anche le posizioni che pretenderebbero combatterlo.

  5. (colgo l’occasione di questo bel dibattito a più voci per esprimere un certo entusiasmo per il fatto che finalmente la sezione commenti serve davvero a creare un po’ di dibattito). Grazie max e grazie davide.

  6. Ma andrea sei impazzito a scrivere di sti argomenti adesso??? Sta per iniziare il campionato di seria A…
    Devi parlare degli ultimi giorni di calciomercato dell’Isis!!!

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