di Flavia Tomassini
Gli archi sulle case basse
antichi come il raggio sul mare
vicini come l’occhio a Venere
quando la nenia dell’orizzonte
accarezza la nostra assenza
longitudine e duna del Dasein.
***
Il Teatro Argentina si distende
per la sua faccia larga –
i volti incupiscono sulla guerra
non lontana – diserto il fronte
dell’amore senza azzardo,
passione senza ritegno
e forze in campo.
Nell’Europa decadente
quanto resta di un caffè
è l’adagio del suo aroma.
***
C’è un tratto di piana solitudine
che separa gli agglomerati urbani,
maggese e cielo finiscono
nel cerchio di fuoco del pomeriggio,
gli aggregati compaiono lontani
e delimitano il sogno macabro
fatto di libertà.
***
Penserò quale sia la mia luce
se quella che declina sui tetti
o sorge dalla terra.
Pensata, la luce è un misfatto,
ombra in primo piano
di una duplice vocazione:
esistere per scomparire.