di Livio Cerneca
Boston Marriage era un termine allegorico in uso nel New England tra XIX e XX secolo, e indicava la convivenza di due donne sotto lo stesso tetto senza il supporto economico di un uomo. Non si trattava necessariamente di relazioni omosessuali, ma spesso lo erano. L’origine della formula che prende in prestito il nome della capitale del Massachusetts si deve al romanzo di Henry James Le Bostoniane (uscito in Italia anche come I Bostoniani, o Gente di Boston) in cui si fa riferimento alle cosiddette new women, donne emancipate che cercavano un cambiamento radicale della loro condizione di dipendenza e sottomissione nei confronti degli uomini.
L’autore del testo, David Mamet, è uno scrittore molto prolifico con un’esperienza che spazia dal cinema alla tv, dal disegno di vignette fino al teatro e ai romanzi. Le sue posizioni ideologiche nel corso del tempo si sono trasformate fino addirittura a capovolgersi: da liberal senza compromessi a ultra conservatore e sostenitore di Trump.
Tuttavia, la commedia Boston Marriage, in scena al Politeama Rossetti di Trieste il 25 e 26 febbraio 2025, è stata rappresentata la prima volta nel 1999, dieci anni prima che Mamet rivoltasse sottosopra le proprie convizioni politiche.
Sembra che l’idea di portare sul palcoscenico una storia tutta interpretata da donne non venisse tanto da un vero interesse per l’argomento dell’autore, quanto per ribattere a chi osservava che gran parte della sua produzione riguardava soprattutto questioni tra uomini.
Nella scenografia volutamente artificiale a cura di Alberto Nonnato, tra le pareti che riproducono un salotto di fine ‘800 dalle quali si scorge lo spazio di servizio del retropalco, come se ci si trovasse su un set televisivo, si svolge una trama con delle potenzialità interessanti che però vanno perdute a causa di un umorismo forse gustoso negli Stati Uniti ma decisamente poco graffiante per un pubblico europeo.
Per fortuna ci sono le tre protagoniste, e le loro prestazioni attoriali compensano un testo che plana costante, a media altitudine, senza grandi sorprese. Per la regia di Giorgio Sangati, le bostoniane Maria Paiato (Anna) e Mariangela Granelli (Claire), insieme a Ludovica D’Auria (la cameriera Catherine), ci offrono dialoghi serrati e modulati in un tempo scandito da visite di ospiti che non vediamo mai ma il cui peso è determinante nella storia.
Una storia che si intreccia fra il nuovo amore saffico di Claire per una giovanissima fanciulla della buona borghesia e lo scaltro opportunismo di Anna che sfrutta i vantaggi che le sono offerti dalla frequentazione con un facoltoso “protettore”. Le svolte pruriginose, come quella in cui Anna esige di partecipare al convegno amoroso di Claire con la giovinetta, oppure il momento in cui Catherine spiega con gesti espliciti di aver subito uno stupro, sono alcuni degli snodi in cui è evidente che il testo è stato scritto da un uomo eterosessuale. Un’autrice donna alle prese con una convivenza fra donne avrebbe lavorato su altri registri, per suscitare ilarità.
Il teatro LGBTQ+ non è un genere diffuso, e ove presente è comunque dominato da tematiche gay maschili. Se ne trovano tracce anche in Aristofane. Tra gli anni ‘60 e ‘70 si ebbe una modesta fioritura di drammaturgie incentrate su amori lesbici, dovuta soprattutto ai movimenti femministi. Forse non c’è mai stato un momento migliore di questo nostro tempo presente, in cui risorgono minacce alla libertà di autodeterminazione individuale, per ricominciare a produrre spettacoli in cui si parli apertamente dell’amore al di là delle identità di genere.
Non sarebbe comunque esatto definire Boston Marriage come una pièce che esalta un’autentica libertà dei costumi sessuali, il femminismo, la presa di coscienza del predominio di un sistema patriarcale. Si può considerare più un divertissement, una commedia per trascorrere un’ora e tre quarti in leggerezza in un’atmosfera retrò, ben evocata anche dai ricchi costumi di Gianluca Sbicca.
Lo spettacolo scivola liscio, e il vero godimento è constatare, in un modo che più plastico non si potrebbe, che solo delle donne (le attrici) possono aggiustare, e rendere più gradevole, il lavoro in sé non perfettamente riuscito di un uomo.
Boston Marriage è in programma il 26 e 27 febbraio 2025 al Politeama Rossetti di Trieste