di Francesca Macor
Contro i figli di Lina Meruane, La Nuova Frontiera, comincia con una precisazione che sarà bene riportare anche qui: nessuno è contrario ai bambini né alla procreazione. Ciò che si mette in luce in questo libro è la posizione predominante e dittatoriale che ha la figura-figlio a discapito della donna-madre, che si trova nuovamente relegata all’ambito domestico con un cordone ombelicale a nodo scorsoio e un angelo/avvoltoio del focolare aggrappato su una spalla, a ricordarle quanto debba essere grata di adempiere al suo dovere di ripopolamento della patria.
Meruane salta avanti e indietro nel tempo per arrivare a capire in che modo siamo arrivati a una regressione dall’acquisita libertà sul proprio corpo alla messa in discussione del diritto all’aborto; in che modo siamo arrivati all’avvento delle madri-di-professione e al tabù del poter ammettere la sopraffazione e lo sconforto dell’essere madre.
Meruane mette anche in evidenza come la decisione di non fare figli venga tacciata di egoismo, virtuosa parola magica per gli uomini che “vogliono vivere la loro vita per intero”, ma che nelle donne si trasforma invece in un sentimento snaturato e patologico. Una presunta deviazione da quel supposto “istinto di maternità” che si tende ad attribuire alla donna per il semplice fatto biologico che è lei a partorie. Ma “da quando avere un talento o un’inclinazione ci obbliga a svilupparla?”.
E infine, il grande paradosso, la crescente importanza del feto non ancora nato a discapito non solo della madre, ma dello stesso bambino una volta nato: sei importante solo prima di nascere, dopo non hai più tutele.