Il 1984 che non finisce mai

Lo spettacolo ispirato a Orwell al Politeama Rossetti

di Livio Cerneca

È nozione comune che abbia formulato profezie, immaginato distopici scenari futuri e prefigurato tecnologie di controllo estremo. Ma con 1984, George Orwell ha solo descritto una realtà che già era sotto i suoi occhi. Le ha dato una veste letteraria piena di suggestioni, certo, ma quando si ha la capacità di osservare con distacco le persone, sia come individui sia come massa, è facile essere scambiati per preveggenti.

Non è invece affatto facile trasporre in versione teatrale un romanzo come 1984. Se però non si ha la pretesa di restare fedeli al testo originale e si introducono piccoli espedienti narrativi per agevolare lo spettatore che non lo ha mai letto, allora l’operazione può funzionare.

Per la regia di Giancarlo Nicoletti e con i protagonisti Ninni Bruschetta, Woody Neri e Violante Placido, il palcoscenico del Politeama Rossetti di Trieste è lo specchio dove ritroviamo il nostro presente e il nostro destino nell’adattamento di Robert Icke e Duncan Macmillan. Gli altri interpreti dello spettacolo sono Silvio Laviano, Brunella Platania, Salvatore Rancatore, Tommaso Paolucci, Gianluigi Rodrigues, Chiara Sacco.

Abbiamo sempre meno parole per esprimere quello che proviamo, e delle parole che restano ci siamo abituati a confondere o addirittura capovolgere il significato. Chiamiamo operazioni di pace gli interventi militari. Accusiamo di terrorismo chi manifesta per salvare il pianeta dall’aggressione violenta dei grandi sistemi finanziari. In nome dell’amore invochiamo pene e persecuzioni contro persone indifese e interi popoli.

La manipolazione dei fatti, delle parole e dell’informazione è proprio l’attività cui è preposto Winston, il protagonista. Ma non gli servirà conoscere l’origine e lo scopo di tutta la mistificazione per resistere al processo di ricondizionamento, un altro termine edulcorato per definire la tortura.

Anche noi, come Winston, sappiamo che le notizie vengono riportate in maniera distorta deliberatamente per favorire un soggetto o infangarne un altro, per orientare le nostre scelte e la nostra rabbia. Tuttavia, sottoposti a una ripetizione ossessiva accompagnata da pressioni e intimidazioni perfettamente legali, finiamo per accettare che due più due faccia cinque, oppure tre, oppure uno, a seconda delle necessità del Partito.

Orwell identifica il sistema oppressivo con il Partito, che è un’entità tipica in cui vige la cieca disciplina e l’annullamento del giudizio critico. Ma lo stesso impianto si applica anche nelle aziende, nelle scuole, persino nei luoghi di svago. E questa non è finzione, come tutti potremmo testimoniare se non avessimo il terrore di subire la sorte di Winston (Woody Neri), che finisce anche per tradire il suo grande amore, Julia (Violante Placido), la quale a sua volta lo tradisce. Non esiste sentimento così forte da resistere alla tortura.

In platea mi guardo intorno e sono pronto a scommettere che almeno la metà dei presenti sentendo nominare il Grande Fratello si chieda cosa c’entri il reality show televisivo che ha contribuito ad appiattire l’intelligenza degli italiani, popolo al quale le fake news ormai attecchiscono con grande facilità. È la dimostrazione finale della tesi di Orwell: nomi, definizioni e concetti non contengono l’essenza della loro vera natura ma possono assumere di volta in volta altri significati e contesti non pertinenti ma funzionali a indirizzare i gusti e la capacità di discernimento dei cittadini.

Le massicce scenografie di Alessandro Chiti provvedono a dare l’adeguato senso di oppressione che la storia richiede. Le pareti mobili e modulari sono opache e trasparenti allo stesso tempo. Interessanti alcuni frammenti di recitazione che si svolgono in un green screen set esposto al pubblico che può assistere simultaneamente all’azione degli attori e alla proiezione elaborata in tempo reale con fondali digitali.

È potente il monologo conclusivo di O’Brien (Ninni Bruschetta), il funzionario inquisitore, mentre Winston ridotto a una larva giace sanguinante sulla sedia della tortura.

Il crudele burocrate si compiace della nostra inerzia verso le ingiustizie e le violenze che, proprio grazie all’adulterazione delle parole, diventano la nobile missione che il Partito si impegna a perseguire a ogni costo, in qualunque circostanza, in ogni epoca.

1984 è in programma al Politeama Rossetti di Trieste dal 19 al 22 dicembre 2024

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