di David Watkins
(Illustrazione di Silvia Mengoni)
La storia, mai capito dove fosse. Forse in quel ronzio di fondo, o in quella fitta che sentivo riaffiorare a tratti, qua e là.
Ricordo con esattezza il dolore che provai quando, undicenne, venni a sapere che le torri gemelle erano crollate. Il campo di calcio in cui, dopo la pausa estiva, eravamo tornati a correre per prepararci al campionato smise improvvisamente di poter essere percorso. Giusto pochi giorni prima – il 31 agosto 2001, che se non sbaglio era un venerdì – ero stato a Mirabilandia. L’idea che una delle più grandi attrattive di quel gigantesco parco divertimenti fosse venuta a mancare mi stava togliendo il fiato.
Le torri gemelle. La rossa, la blu. Avevo appena superato il vuoto in cui ti sparavano e ti tenevano in sospeso, il rito di iniziazione delle gambe all’aria e dei 100 km orari, la paura ringoiata nel sentirsi grandi: e loro mi avevano già abbandonato, subito, così, senza preavviso.
Quando tornai a casa, e la tv mi fece vedere che le torri crollate non erano quelle di Mirabilandia, ma altre, feci un sospiro di sollievo, scesi di sotto, ripresi a giocare a calcio, da solo, a battimuro.
Questo dare le spalle alla storia, questa totale estraneità alle sue notizie. Questo immediato tornare alla felicità del muro e del pallone.