Ha un unico difetto questo testo di Stefano Massini, ed è che richiede necessariamente un pubblico maturo, non in senso anagrafico ma nella capacità di cogliere l’ironia senza far prevalere il pregiudizio. Pregiudizio che si innalza glorioso e prevedibile quando entrano in scena quattro attrici in abiti di foggia islamica e, alle nostre spalle, sentiamo uno spettatore sussurrare: ”Ecco quattro kamikaze, adesso si fanno saltare in aria”. Risatine.
Forse l’autore il pregiudizio intendeva smontarlo, perché i personaggi che osservano con rigore ossessivo le rispettive religioni – l’islamica, l’ebraica e l’induista – sono caricature, macchiette dai tratti esasperati funzionali alla macchina drammaturgica. Ma se un pubblico inadatto, cioè quello più statisticamente probabile – giacché sembra che il settanta per cento degli italiani soffra di analfabetismo funzionale, morbo letale che, tra le altre cose, ti fa scambiare le frottole per notizie vere e una donna col capo coperto per una terrorista – assistesse allo spettacolo, il pregiudizio potrebbe invece consolidarsi nell’equivoco. Non è possibile che il regista, Michele Placido, non se ne sia accorto; mantenendo il tono vignettistico in alcune caratterizzazioni ha voluto evidentemente accordare fiducia alla platea. Ci auguriamo sia ben riposta.
Ambientato in una scuola di quelle complicate, situata alla periferia di Tolosa, popolata prevalentemente da figli di immigrati, bisognosa di interventi di manutenzione e dimenticata dal Ministero dell’Istruzione, lo spettacolo si apre con il protagonista, il professore di lingua e letteratura francese, che condivide con noi la sua mappa mnemonica della classe. A ciascun allievo, l’insegnante assegna dei nomignoli che si riferiscono alle diverse personalità di quei pre-adolescenti che nel corso della rappresentazione non vedremo mai, ma dei quali conosceremo i genitori, persone invadenti, chiassose, saccenti. Un campionario umano che ci somiglia tanto.
L’Ora di Ricevimento è teatro moderno di attualità agrodolce basato sull’osservazione della società contemporanea e delle sue grottesche metamorfosi. Società ricche e avanzate che ostacolano le proprie generazioni nuove lasciandole macerare in un brodo di tradizione, emarginazione e trascuratezza; la testardaggine degli adulti che forgia inesorabilmente il futuro dei ragazzini; la missione greve degli insegnanti, soprattutto di quelli mandati al fronte delle banlieu, senza più alte aspettative ma – quelli tra loro che conservano un po’ d’idealismo – con un rammarico: non riuscire a far promuovere tutti quegli animali, cobra, serpenti, creature infernali coi quali instaurano rapporti difficili e troppo coinvolgenti.
Chi di mestiere fa l’insegnante si divertirà a riconoscersi nelle figure del protagonista, il professor Ardeche, interpretato da Fabrizio Bentivoglio, e del suo collega, Francesco Bolo Rossini che si fa scoppiare il fegato nei panni del professor Saint-Pierre. Per gli altri che invece non sono mai stati dietro a una cattedra, sarà interessante scoprire cosa passava per la testa a quel tizio che faceva stridere il gesso sulla lavagna illustrando concetti, spiegando versi o formule e manifestando un’autorità di cui era lui stesso a dubitare.
Al Politeama Rossetti, dal 1 al 5 marzo 2017