di Lorenzo Natural, Matteo Sain ed Eleonora Zeper
Nell’epoca digitale, gli artisti, le icone dello spettacolo e gli influencer assumono sempre più un ruolo non soltanto di meri catalizzatori di attenzioni e di indirizzamento di mode e tendenze, ma bensì più strettamente politico. A maggior ragione su un tema così iconico e totalizzante come la gestione pandemica e la campagna di vaccinazione, un’immagine, un selfie, un tweet, hanno un potenziale impatto sulla realtà circostante immensamente maggiore di una riflessione, di un approfondimento critico, di un’analisi intellettuale. Il filosofo, invece, appare sempre più relegato a un ruolo marginale: uno stralcio in un programma di secondo piano, qualche libro di media tiratura, una rubrica settimanale su un quotidiano locale.
Eppure, chi scrive sa bene che le parole di un filosofo hanno un peso specifico importante, perché il suo sguardo dovrebbe offrire una prospettiva altra da cui osservare il mondo. È proprio oggi che appare fondamentale tornare a ri-pensare la realtà e la sua esistenza attraverso una sempre più complessa e incessante riflessione teorica.
Mossi anche noi da questa necessità – senza la pretesa di autonominarci filosofi – ci appariva urgente rispondere alla sorprendente analisi di Pier Aldo Rovatti uscita in data 16 luglio sul Piccolo di Trieste dal titolo I no vax fra paura e complottismi, cercando di evidenziare quelle che a noi paiono come delle banalizzazioni interpretative della realtà in atto.
Su una cosa ci sentiamo, però, di dare subito ragione a Rovatti: la quasi totalità dei contrari al vaccino e/o a una sua più o meno velata obbligatorietà si sente costretto a premettere il proprio non essere no-vax e complottista prima di affrontare un confronto sul tema. Excusatio non petita, accusatio manifesta, potrebbero osservare i più. Eppure questa perifrasi diviene una necessità preliminare per potersi sedere al tavolo della discussione, per non incorrere nell’infame etichettatura di “negazionista”. Non crediamo sia necessario ripercorrere la portata storica e semantica di tale termine, utilizzata oggi in modo non casuale. Per potersi smarcare da questa demonizzazione, anche coloro che semplicemente pongono dubbi legittimi soltanto su alcuni punti della gestione pandemica hanno l’obbligo sociale di manifestare la propria lontananza da cerchie considerate ormai paranaziste. Già su questa dinamica retorica legata alla potenza iconica della parola si potrebbe aprire un infinito dibattito tra logos e potere. Noi non abbiamo la necessità di prestarci a questo gioco, nessuna premessa di smarcamento ci appartiene: ognuno si faccia la propria opinione, libera da qualsivoglia pastoia retorica, e tragga da essa la propria conclusione.
L’articolo del filosofo ha un dato non vero come premessa e un doppio inganno come conclusione. Innanzitutto preme ricordare che i virologi non sono affatto “unanimi” nel ricordare che il vaccino rimane la nostra principale difesa. Si è alzata più di una voce autorevole – è il caso, ad esempio, del prof. Pietro Luigi Garavelli, primario della Divisione di Malattie Infettive dell’Ospedale Maggiore della Carità di Novara – ad affermare come una vaccinazione di massa in epoca di pandemia contribuisca a rinforzare le varianti del virus. Così sta accadendo in Israele e in Inghilterra, paesi in cui si è vaccinato di più e dove già oggi l’efficacia di alcuni sieri nei confronti delle varianti più resistenti sta scendendo rapidamente. Ne possiamo concludere che, come accade pressoché sempre in ambito scientifico, non si possa parlare di unanimità. La scienza non è un dato, è un processo.
Di un primo inganno, per altro manifesto, ci preme fin d’ora avvisare il lettore. L’articolo parte rivolgendosi ai dubbiosi del vaccino e finisce chiamandoli no-vax; inizia parlando di domande e dubbi sull’opportunità e la sicurezza del vaccino e termina condannando quegli stessi dubbi, trasformati in una verità pericolosa che i complottisti affermerebbero di possedere. La metamorfosi del dubbioso in complottista, del tutto arbitraria e tendenziosa, è il perno su cui si basa il testo. Viene così ignorata e delegittimata in blocco tutta una galassia di posizioni differenti e di sfumature che andrebbero prese in considerazione se si vuole trattare seriamente la questione.
Il meccanismo psicologico in atto è semplice: chi parte dichiarando una falsa e impossibile unanimità all’interno del mondo scientifico in merito al vaccino, chi si schiera dunque con quanti pretendono di possedere una verità che pare più rivelata che scientifica, accusa chi esita e si pone qualche dubbio sul dogma vaccinale di sostenere una “discutibile verità”, una verità capace di trasformarsi in “persuasiva ideologia”. Il bue che dice cornuto all’asino: tale odierna condanna dell’esercizio del dubbio da parte di uno dei padri del pensiero debole deve far quanto meno riflettere.
Dopo aver avallato in maniera netta l’obbligo di vaccinazione non solo per il personale sanitario, ma anche quello docente (e perché non anche ristoratori, commessi, impiegati, a questo punto?) Rovatti s’interroga su quali siano le colonne d’Ercole che un cosiddetto no-vax non riesce o vuole superare prima di accettare la vaccinazione. “Messi di fronte al rapporto tra benefici e rischi, ciò che alimenta la loro esitazione che cos’altro può essere se non una forma di paura?”, si chiede Rovatti. Di quale rapporto benefici-rischi parla il filosofo? Com’è possibile mettere su un piatto della bilancia un rapporto in cui non si conoscono i dati di uno dei due termini di paragone? Ricordiamo che ad oggi nessun medico e scienziato è in grado di stabilire quali potrebbero essere – o non essere, per carità! – gli effetti collaterali a medio e a lungo termine di quell’“atto minimo di civiltà” che è il vaccino. Ricordiamo inoltre, che i vaccini a mRNA sono delle terapie innovative che stanno trovando ora una prima applicazione scientifica su larga scala. Ricordiamo ancora, che questo cosiddetto rapporto varia in base all’età, alla salute, alla condizione di vita: un ottantenne immunodepresso non può essere messo sullo stesso piano di un trentenne sano o persino di un ragazzino in età adolescenziale, per il quale contrarre il virus è nella stragrande maggioranza dei casi un accidente invisibile.
A noi, Rovatti, sembra che la paura – il più umano fra tutti i sentimenti, da cui nessuno di noi è immune – non sia in chi criticamente tentenna dinanzi a un vaccino o persino osa rifiutarlo, ma chi in nome della paura stessa è pronto a farselo costi quel che costi. Ed eccoci al secondo inganno sviluppato all’interno dell’articolo, un inganno che si basa sul medesimo meccanismo psicologico illustrato poca fa. La paura diviene quindi propria di coloro che esercitano il pensiero critico; il dubbio di fronte al dogma vaccinale diviene un comprensibile e umano timore. Si tenta dunque di integrare nel sistema chi vi si oppone, ossia colui che rifiuta o esita di fronte al vaccino, chiamato non più dubbioso ma semplicemente timoroso. In che modo? È presto detto: con una sorta di inquietante rieducazione, la quale, tra l’altro, non offre un vero argomento razionale a cui appigliarsi, fatta eccezione per la pretesa unanimità del mondo scientifico invocata all’inizio dell’articolo. La comprensione e l’immedesimazione sono le armi per evitare che il dubbioso diventi complottista, ossia che il peccatore diventi dannato. Per Rovatti, infatti, c’è un piccolo e sperduto no-vax in ognuno di noi: “tutti abbiamo sperimentato il dubbio e attraversato la penombra del timore a proposito del vaccino” e “ognuno di noi dovrebbe assumersi il compito di tentare di attutire questa involuzione […] per impedire che un simile processo avvenga dentro di noi, ma soprattutto per contribuire alla costituzione di una cultura critica che trattenga le nostre paure da una pericolosa assolutizzazione”. Questa la sconcertante chiusa dell’articolo. Involuzione? Cultura critica? Pericolosa assolutizzazione?
L’involuzione ci sembra purtroppo propria quella di tutti coloro che fino a ieri ci spiegavano cosa fosse la post-verità e ora sono diventati adepti di questa neo-verità che usurpa il nome di scienza.
La mancanza di spirito critico ci sembra quella di coloro che accettano tale neo-verità condannando come immotivate paure i propri stessi dubbi e senza considerare – o appena sfiorandole come un mero accidente – le ovvie ed enormi implicazioni politiche, economiche e sociali che la pandemia ha portato con sé. Una parola critica sull’aberrante proposta del green pass vaccinale, con qualche accenno non diciamo ad Agamben, ma perlomeno a Foucault e alle dinamiche di controllo sociale, ce la saremmo aspettata. A dirla tutta, infatti, sembra quasi paradossale che, proprio nel momento in cui si incarnano tutta una serie di dispositivi di controllo, per usare le grammatiche foucaultiane, proprio chi per anni si è impegnato a riconoscerli per criticarli, ora venga fagocitato dalle retoriche che li supportano. Retoriche impegnate, devote che ripongono nella Scienza, quella con la esse maiuscola, l’unica e vera, una portata che, per restare nel clima falsamente religioso di cui è ammantata, potremmo definire soteriologica. La salvezza viene solo dal vaccino: in questo miracoloso liquido ci viene inoculata la salvezza.
Eppure, pensi un po’, c’è chi non vuole essere salvato. C’è chi, forse, la paura del virus non ce l’ha e tantomeno ne ha dei vaccini; ma teme, piuttosto, la violenza coercitiva di una massa acritica che mette all’angolo il dissenso. Quel dissenso che, ce lo insegna la storia, ogni dittatura ha sempre voluto schiacciare. E quella sanitaria, ora in auge, non è da meno.
La pericolosa assolutizzazione, infine, ci sembra proprio essere quella di chi aderisce a questa neo-verità, per bisogno di fede o per conformismo. O, forse – esercitando sempre l’esercizio del dubbio sulla lezione rovattiana – semplicemente per allontanare da se stessi la grande e vera paura, la più antica e umana: quella dell’isolamento sociale e della morte, che un Uomo o una Donna liberi, filosofi o meno, dovrebbero avere il coraggio di affrontare a testa alta.
Buongiorno
Trovo l’articolo in risposta al
Sig. Rovatti molto esaudiente …..
Va a toccare tutte le argomentazioni di questo buio momento storico.
Sig.Natural Sig.Sain e la Sig.ra Zebel vi siete espressi in modo esemplare ….la LUCE è in Voi
GRAZIE
Un barlume di luce squarcia le tenebre di questo tempo. La speranza divampa. Grazie a voi.
vi ringrazio per non cedere all’esonero dall’esercizio critico, al pericoloso alimentare delle divisioni ma più di tutto al mancato approfondimento delle variabili e delle singolarità… GRAZIE
Dopo aver letto l’articolo non mi sento più solo e ho meno paura… Grazie!