di Andrea Muni
This morning i woke up in a curfew,
oh god… I was a prisoner too
(Bob Marley, Burnin and lootin’)
Non succedeva dai tempi di Badoglio, non ha nessuna ragione di esistere, è l’emblema di tutte le regole che sembrano fatte apposta per essere infrante: il coprifuoco (appena confermato fino a luglio). La più insensata e delirante tra tutte le misure che sono state messe in campo a partire da questo autunno per far fronte all’emergenza pandemica. Una misura che:
1) In Europa è stata adottata da meno della metà degli stati;
2) non ha il minimo senso perché le persone si vedono comunque, ma in ambienti chiusi e privati che incentivano la circolazione del virus;
3) non considera che la possibilità di star fuori più a lungo la sera permetterebbe di stemperare i flussi di persone che affollano – in tutte le città, in barba a ogni regola – le principali zone del centro;
4) induce letteralmente – limitando la mobilità a certe fasce orarie – gli assembramenti che intende prevenire;
5) ha una pura valenza repressiva;
6) mortifica i giovani e tutti coloro che hanno abitudini notturne;
7) prevede che, persino in zona bianca, il coprifuoco non sia automaticamente cancellato, ma demandato alle decisioni del Governatore della Regione;
8) dimostra letteralmente il terrore in cui versa lo Stato di perdere completamente il controllo del Paese, come lo dimostra anche la pioggia di sussidi erogati negli ultimi mesi (Celine diceva “è quando i lupi si mettono ad amare gli agnelli che bisogna seriamente cominciare a preoccuparsi”);
9) permette alla stampa catto-progressista di riempirsi la bocca dei suoi mantra paternalistico/moralisti preferiti – da “Fatti un giro nei reparti Covid”, come se la presenza di pazienti nei reparti covid avesse una connessione diretta con il fatto di criticare il coprifuoco, per arrivare fino al grande classico “Ma possibile che in una situazione del genere pensate solo a fare festa?”, tipico tatteggiamento colpevolizzante volto a distogliere il focus della questione dal fatto che il coprifuoco è una misura che, da che mondo è mondo, si usa fondamentalmente a scopi repressivi.
Il coprifuoco è una misura tipica delle guerre civili, dei momenti di anarchia in cui le istituzioni hanno paura di non riuscire a “tenere” più la situazione: tutte cose che – dalla Val Susa, a Roma a Catania (dalle manifestazioni contro la TAV, alle proteste dei lavoratori dello spettacolo e fino a quelle degli ambulanti) – sono già in atto, nonostante i principali media si rifiutino di raccontarle e molti preferiscano non vederle (opponendo a questa tragedia quella dei morti di covid, come se fossimo in uno stupido talk-show, in una continua gara a chi ce l’ha più lungo o è più “bravo”, “buono” e dalla parte della ragione). I danni che ha fatto alle nostre vite, e al tessuto sociale, quel ventennio di polarizzazione continua e indotta della premiata ditta Mediaset-laRepubblica non smetteranno di ripercuotersi sulla vita del dibattito pubblico ancora per decenni.
Ma non vi pare strano? Un milione di disoccupati in un anno (dati ISTAT), robe che Weimar scansate proprio; coprifuoco; soldi dati a pioggia alla gente in un modo talmente disperato che non si vedeva dai tempi del piano Marshall (esagero volutamente); il Paese messo in mano a un liquidatore fallimentare della BCE.
Davvero non è venuto a nessuno il dubbio che alcuni degli “accorgimenti” scelti per limitare l’emergenza pandemica, abbiano in realtà tutt’altra valenza? Bisogna davvero parlare con i complottisti, o con Agamben, per trovare qualcuno che vede in questi “curiosi” movimenti delle manovre tempistiche e repressive attraverso cui lo Stato e la politica – ormai da tempo mere emanazioni transeunti di un unico, camaleontico, centro di potere economico/finanziario – si preparano ad accogliere le sollevazioni popolari che stanno già scuotendo il Paese?
Lasciamo stare la questione Astrazeneca, con il normalissimo switch che nel giro di un mese ha fatto il passare il farmaco da “vietato ai maggiori di sessant’anni” a “sconsigliato ai minori di sessant’anni”. Così, abbiamo guardato accadere questo assurdo senza battere ciglio. Eppure si tratta di una piroetta che la dice lunga sul grado di certezze sperimentali raggiunte (in neanche sei mesi dall’esplosione del Covid) dalle case farmaceutiche a proposito dei farmaci che stanno venendo inoculati nei corpi della popolazione mondiale. Utopia – la serie (per ridere, eh, chi scrive non è complottistia, né no-vax – specifichiamo sempre).
La produzione è stata fin dall’inizio la prima cosa che in questa emergenza è stata salvaguardata (altro che la salute). Lo sappiamo. Ma perché? Perché lassù hanno capito (anche loro leggono Marx, solo quelli di sinistra non lo leggono più) che far lavorare la gente, sfruttarla, farla fessa e contenta, è il modo migliore per evitare che esploda la rivolta per le strade. Lassù hanno capito che quelli che non lavorano sono “pericolosi” (per loro), è per questo che stanno tirando fuori tanti di quei soldi che sembrano passati due secoli (e non due anni) da quando si guardava al centesimo discutendo di reddito di cittadinanza. Spero nessuno pensi che lassù si voglia proteggere la gente dalla povertà, è tutto il contrario! Si vuole proteggere lo Stato – e i padroni che lo gestiscono per conto terzi – dai rischi di un eccessivo impoverimento della popolazione. In sostanza, con un po’ di bastone e un po’ di carota, si vuole evitare che la gente inizi ad andare a prendere a casa i ricchi e i potenti. Ma quanto potrà durare tutto questo?
Il giorno che (a novembre) ho fatto la strada per raggiungere degli amici al bar indossando la mascherina come da obbligo, per scoprire poi che una volta seduto al bar il mio status di “consumatore” mi consentiva di toglierla (nonostante fossi a pochi centimetri da entrambi), beh, quel giorno io ha avuto paura. Ho sentito odore di morte.
Abbiamo passato un autunno e un inverno da relcusi, scoprendo piano piano con la primavera che (almeno nelle grandi città) l’iniziale zelo delle forze dell’ordine e la credibilità di coloro che ci hanno imposto regole deliranti come il coprifuoco, andavano sgretolandosi parallelamente ai sensi di colpa che inizialmente provavamo per il solo fatto di essere andati al parco – in zona rossa o arancione! – a bere due birrette con gli amici di sempre, o a giocare a pallavolo coi nostri figli.
L’effetto Draghi e del suo anestetizzante sorriso da gesuita rettiliano pare finalmente attenuarsi. Non si capisce francamente cosa abbia potuto produrre per qualche mese un simile stato di lieve eccitazione e stordimento. Non era chiaro fin da subito che questo tizio è stato palesemente messo lì, con l’accordo di tutti, per accollarsi scelte impopolari che il precedente governo non voleva fossero considerate sua esclusiva responsabilità? Non è chiaro che questa persona non è altro che un guardiano della Legge (di kafkiana e petriana memoria), messo lì apposta dai suoi padroni nel disperato tentativo di non lasciar cadere il “loro” Paese nell’anarchia?
A volte mi pare veramente che siamo nella favola “I vestiti nuovi nuovi dell’Imperatore”, con l’unica differenza che il bambino – quello che, in un misto di ingneuità e malizia, dice “il re è nudo”; lo stesso bambino di Eraclito e di Nietzche, quello che lancia i dadi sulla spiaggia ed è libero di creare – è stato espunto dalla storia, o per lo meno silenziato.
Possibile che siamo ancora così pochi a stupirci di questo caos calmo, così pochi a chiederci per quale motivo – mentre si sta consumando l’evento storico socialmente ed economicamente più apocalittico dai tempi della Seconda Guerra Mondiale – ci stiamo comportando come vacche sacre, come i tizi totalmente tranquilli e depersonalizzati che nei fumetti dell’aereo si preparano, con impassibile ordine e seguendo le istruzioni, al disperato atterraggio di emergenza?
Che la crociata contro il complottista servisse proprio a questo, a squalificare preventivamente e ascrivere ogni forma di dissenso a quel particolare tipo di malattia mentale chiamato complottismo? Chissà forse tra non molto lo vedremo anche comparire in qualche DSM – Maccartysmo 2.0.
E poi quel bambino lì, quello che dice “il re è nudo”, sì, nella favola c’è. Ma è un bamboccio, pure un po’deficiente e ignorante. Sappiamo tutti che il re indossava davvero dei vestiti trasparenti, e che erano bellissimi. Sì, molto meglio, questa è la storia più appropriata. Anzi, ora che ci penso, mi pare che la versione originale fosse proprio così. Vero?
ottimo, grazie.
[…] Andrea MuniPublicado en italiano en ChartaSporca el 18 de abril de 2021Traducción […]