Terza Pagina. “Segnali”

di David Watkins (edizioni Il Cinghiale, collana “Fotocopie”)

I segnali stradali

proprio non ce la fanno

a fare i seri.

Più alto è il pericolo

più lontana si fa la paura

che dovrebbero trasmettere.

Non fa per loro, la paura. Non è il loro

genere. Sono troppo felici. Se ne stanno impiantati

in una felicità che è più forte di loro.

Forse, il segnale ci prova

magari lo vorrebbe pure: fare il maturo della situazione,

dirti attenzione, la tua macchina è la morte

possibile di un bambino e di una bambina.

Ma poi, eccolo lì, tutto contento, nella sua immagine,

nei suoi colori decisi, a segnalare soltanto

un momento sospeso per sempre

nell’esultanza del fine scuola, la voglia bimba

di buttarsi per strada, le cartelle al vento,

un nuovo amore.

Sono bravissimi

a cadere, scivolare è sempre stato

il loro gioco preferito:

spazzati via da un vento

che ci costringono a immaginare,

restano per aria a braccia aperte

invocando chissà cosa.

In effetti, nessuno può dire

se stiano cadendo al suolo

o levitando verso il cielo:

stanno per aria, e questo è quanto.

Il non avuto volto, il corpo riassunto

in poche linee. Quest’assenza

pressoché perfetta di segni particolari

è il segno della loro peculiare bellezza.

Offrono una caricatura stilizzata

all’umana sventura, un contrappunto

previdente e spensierato

alla vita nostra incidentata.

Degli animali

ritraggono l’idea, restituiscono

l’esistenza dei cerbiatti

alla beatitudine di un salto

che non procede da uno sforzo.

Il succedersi dei decenni

non porta grandi cambiamenti

nel loro mondo, sensibile

allo spazio e alla geografia

più che al tempo e alla storia.

Nessuno conosce il nome

del loro creatore, nessuno si è mai interrogato

sull’esistenza più o meno credibile del loro dio.

È probabile che siano arrivati così

sulla terra, senza promesse e liberi

dal benché minimo progetto,

generati in un sogno

che ci precede, e destinati a essere

soltanto ciò che sono.

A bocca aperta, con le mani giganti

ci ricordano che è bello

restare fuori, bellissimo

non essere addetti.

Possono essere utili anche quando

non sai più dove andare.

*Immagine di copertina di Belinda Fewings (via Unsplash), crediti qui.

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