di Francesco Baldo
SELTON – SAUDADE
“Sono brasiliani, sono giovani, belli e bravi”: così ci introduce la band Renato Pozzetto. Ma-che-stai-a-dì? Fermi lì, i Selton sono quattro ragazzotti la cui biografia merita almeno un breve riassunto: originari del Paese dell’Ordem e Progresso, si sono conosciuti a Barcellona, dove suonavano cover dei Beatles nella bellissima cornice del Parc Guell. Lì vengono scoperti da Fabio Volo, all’epoca uomo di MTV per Italo-Spagnolo e non ancora santone e redattore di massime per giovani scontenti di se stessi. Scontato fu l’arrivo in Italia, o un po’ meno il primo disco, Banana à Milanesa, che vanta soprattutto delle cover di Cochi e Renato (e qui il cerchio si chiude). Il termine saudade, di fatto intraducibile in italiano, indica la nostalgia per la patria e allo stesso tempo la gioia nel ricordarla: un sentimento contrastante, di gioia e amore, che descrive alla perfezione il disco. L’opera dei Selton è infatti un amalgama di brit-pop, canzone italiana e ritmi brasiliani, un momento di lacrime e di sorrisi: un prodotto unico, orecchiabile e adatto ad ogni stato d’animo.
Brani preferiti: Across The Sea, Vado Via, Solo Un Ricordo.
TODD TERJE – IT’S ALBUM TIME
Terje Olsen è uno dei maestri della disco scandinava (al pari di altri mostri sacri quali Lindstrom e Prins Thomas). Ingordo fin da giovanissimo di qualunque disco associabile all’etichetta di elettronica (techno, house, dance, dub) ma anche esploratore di generi più comuni (come dimostrano le passate collaborazioni con Robbie Williams e i Franz Ferdinand), il dj e produttore norvegese mischia poi tutte queste influenze nei suoi lavori.
Echi di Micheal Jackson, degli anni 80, di “Ritorno al Futuro”, di Giorgio Moroder; beat trapananti anni 2000, campionamenti di pianoforte e fiati, ogni tipo di sintetizzatore esistente sul pianeta Terra: mastro Terje, con la sua decennale esperienza, crea un vortice di suoni che inevitabilmente genera shakerate di bacino.
Brani preferiti: Svensk Sas, Delorean Dynamite.
M+A – THESE DAYS
Elettro pop da Forlì: la storia di Michele e Alessandro è quella di chi nasce con la musica in famiglia, nel sangue, e non può fare a meno di farla. Una band molto contemporanea, più da studio che da live, che tramite un prodotto valido e apprezzato ben oltre i nostri confini nazionali è riuscita anche a partecipare al Glastonbury per giovani talenti.
Con una voce avvolgente, un mix di percussioni (ora gestite dal nuovo arrivato Marco) e di strumenti, quali sintetizzatori, fiati e chitarre, il secondo disco degli M+A è un ottimo lavoro che meriterebbe molta più notorietà nel contesto italiano.
Brani preferiti: When, Down The West Side.
FOXHOUND – IN PRIMAVERA
La solarità e la nebulosità della bossa nova, la formazione sulle grandi pietre miliari del rock maledetto, un sentimento pervasivo di gioia, il tema (mai realmente scelto) della solitudine, le registrazioni del disco in una casa isolata sul lago di Garda.
Perché non dare una chance a un gruppo di 21enni di Torino?
Brani preferiti: Erase me, Summer Yeast.
REAL ESTATE – ATLAS
Atlas è il terzo disco di questa band, che succede all’omonimo Real Estate e a Days, lavori che hanno ricevuto trasversalmente solo critiche positive. Il contesto musicale di cui fanno parte questi ragazzi del New Jersey è quello del surf rock, di cui ho parlato qualche mese fa introducendo una band molto affine, i Beach Fossils.
Il disco è un eccellente compromesso tra un atmosfera pop molto rilassata, delle distorsioni di matrice shoegaze, alcuni momenti di neo-psichedelia e la voce sognante di Martin Courtney. Una qualità incredibile sia a livello musicale che nei testi, una band di qualità che, pur rimanendo sempre fedele al proprio genere, riesce a non stancare mai. Musica da gita in bicicletta in una mattina primaverile.
Brani preferiti: Talking Backwords, April’s Song.
Per un’assolata e ilare playlist estiva vi rimando al mio orribile blog “Hipster come uno skinny risvoltato”. Sul sito di Charta Sporca sarà invece disponibile una speciale monografia dedicata a… The Arctic Monkeys!