di Francesco Ruzzier
Dopo dieci giorni e ventuno film in concorso, la 76ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia volge al termine. Per quanto riguarda il concorso principale si può dire che è stata un’edizione assolutamente in grado di confermare quello che aveva promesso sulla carta. Praticamente nessuno dei grandi registi in cartellone ha tradito le aspettative ma allo stesso momento sono state davvero poche le sorprese assolute. In ogni caso i film migliori di quest’edizione sapranno sicuramente conquistare i cuori cinefili di tutto il mondo durante la prossima stagione cinematografica. Al di là di quelli che saranno i premi, ecco una guida dei 5 film da non perdere assolutamente del concorso principale:
EMA di Pablo Larraín
Ema, giovane ballerina, decide di separarsi da Gastón dopo aver rinunciato a Polo, il figlio che avevano adottato ma che non sono stati in grado di crescere. Per le strade della città portuale di Valparaíso, la ragazza va alla ricerca disperata di storie d’amore che l’aiutino a superare il senso di colpa e a riprendersi tutto ciò che ha perduto.
Ema è una meditazione sul corpo umano, sulla danza e sulla maternità. È un film assolutamente spiazzante, che emana un senso di libertà narrativa, visiva e morale a dir poco disorientanti. È anche un’opera molto difficile da etichettare, da comprendere e da spiegare. La prima incursione di Larraín sul contemporaneo spazza via ogni schema mentale e preconcetto spettatoriale in nostro possesso per riscrivere il presente e proiettarci nel futuro.
MARRIAGE STORY di Noah Baumbach
C’è un matrimonio che va a pezzi, due coniugi in via di separazione: lui regista teatrale di successo (Adam Driver), lei attrice protagonista dei suoi spettacoli (Scarlett Johansson). Noah Baumbach scrive e dirige una storia intima ed emotivamente travolgente. Racconta una storia che accomuna moltissimi matrimoni, che divide le persone, la famiglia, la proprietà e il tempo. Isola ogni singolo individuo all’interno della propria storia e offusca il punto di vista dell’altra persona.
Lo fa offrendo una nuova prospettiva, trovando la storia d’amore all’interno del crollo. La speranza nelle aule di tribunale, in mezzo ai documenti e alle regole. Come ha lui stesso dichiarato “i film sono un antidoto al divorzio. Un mondo non di separazione ma di amore”.
J’ACCUSE (L’UFFICIALE E LA SPIA) di Roman Polanski
Il 5 gennaio 1895 il capitano Alfred Dreyfus, giovane e promettente ufficiale dell’esercito francese accusato di essere un informatore dei tedeschi, viene degradato e condannato alla deportazione a vita nell’Isola del Diavolo nell’Oceano Atlantico, al largo delle coste della Guyana francese. Tra i testimoni della sua umiliazione c’è Georges Picquart, promosso a capo dell’unità di controspionaggio che lo ha accusato. Quando però Picquart scopre che le informazioni riservate continuano a essere passate ai tedeschi, viene attirato in un pericoloso labirinto di inganni e corruzione, che minaccia non soltanto il suo onore, ma la sua stessa vita.
In questo scandalo di vaste proporzioni, forse il più clamoroso del diciannovesimo secolo, si intrecciano l’errore giudiziario, il fallimento della giustizia e l’antisemitismo. Il caso Dreyfus divise la Francia per dodici anni, causando una vera e propria sollevazione in tutto il mondo, e rimane ancora oggi un simbolo dell’iniquità di cui sono capaci le autorità politiche, nel nome degli interessi nazionali. Polanski usa l’affaire Dreyfus per parlare della propria storia personale, del mondo di oggi e della Storia: in ogni senso lo si legga, resta un capolavoro.
AD ASTRA di James Gray
Arthur C. Clarke, autore di 2001: Odissea nello spazio disse “Esistono due possibilità: o siamo soli nell’universo, o non lo siamo. Entrambe sono terrificanti”. Per allestire la propria avventura spaziale, James Gray parte da qui. Dall’idea che viaggi nello spazio sono belli e terrificanti al tempo stesso; dal presupposto che le esplorazioni fuori dai confini terrestri possano essere semplicemente un modo per fuggire. In questo senso il film abbraccia una dimensione intima: la storia di un padre e di un figlio. Nella speranza, dice il regista, “che le persone capiscano che dobbiamo apprezzare le esplorazioni e amare la Terra. Bisogna preservare la Terra e i legami umani, a ogni costo”.
MARTIN EDEN di Pietro Marcello
Forse il modo migliore raccontare il nuovo film di Pietro Marcello è farlo attraverso le sue stesse parole: “Martin Eden racconta la nostra storia, la storia di chi si è formato non nella famiglia o nella scuola, ma attraverso la cultura incontrata lungo la strada. È il romanzo degli autodidatti, di chi ha creduto nella cultura come strumento di emancipazione e ne è stato, in parte, deluso. Un libro di grande attualità politica, che rivela la capacità di Jack London di vedere le fosche tinte del futuro, le perversioni e i tormenti del ventesimo secolo. Abbiamo immaginato il nostro Martin attraversare il Novecento, o meglio una ‘crasi’, una trasposizione trasognata del secolo, libera da coordinate temporali, ambientata non più nella California del romanzo ma in una Napoli che potrebbe essere una qualsiasi città portuale (non solo) d’Italia”.