Un estratto da “Quanti amori” di Enrico Cattaruzza

di Enrico Cattaruzza

Pubblichiamo un estratto dal nuovo romanzo del nostro collaboratore Enrico Cattaruzza, “Quanti amori”, Edizioni Scatole parlanti 2023

Scattò come una molla Eric Ferluga diretto alla terrazza e poi alla balaustra, personale versione dell’albero della nave a cui incatenarsi per fuggire al canto delle sirene, alla seduzione dei ritorni di fiamma, e accendersi finalmente una sigaretta sopra il mare tranquillo, forse due, ma la pista era un muro di gente che continuava ad affluire, il corridoio immetteva nuova materia, molecole che formavano polimeri e cordoni: Eric si fermò a guardare i crocchi che si componevano e scomponevano senza un ordine apparente, i varchi che si aprivano come buchi neri per lasciarlo passare, le traiettorie che improvvisamente acceleravano rischiarando per un attimo volti subito abbandonati dalla luce, e si riconobbe nei tratti di sconosciuti illuminati per un millesimo di secondo, in schiene e capigliature e magliette simili alle sue, fu sedotto all’istante da occhi di ragazze che non avrebbe rivisto, o forse sì, ma altrove, a distanza di mesi e anni, e capì che tutto questo era stupendo e terribile, che la necessità non trovava spazio a questo mondo, che bastavano caso e volontà, caso al novanta per cento e volontà al dieci o giù di lì, per vivere, e quindi ciò significava essere liberi e prigionieri al tempo stesso, ma prigionieri di un aguzzino particolarmente stupido e fuori di testa, e liberi ma di una libertà che esige infinite scelte ogni secondo che passa, in un minuto c’è tempo per decisioni e revisioni che un minuto può rovesciare, diceva il poeta, così liberi da rischiare di restare immobili: e cosa fare dunque adesso? Uscire in terrazza, come si era prefissato, per meditare presso la balaustra su amori passati, o continuare a ballare là, a metà strada tra la consolle del deejay e le portefinestre spalancate, oppure svoltare a sinistra e tenersi sveglio con un altro drink da conquistare al bar sempre più affollato?

Eric non si decideva, vedeva la materia illuminarsi come in una radiografia, fasci di atomi che si scontravano contro la gente sulla pista innescandone il movimento casuale e voluto in parti diseguali, a un medesimo stato presente completamente definito possono corrispondere molti stati futuri possibili, uno solo dei quali si realizzerà, pensò, recuperando da chissà quale ricordo liceale la definizione di indeterminismo, che l’aveva parecchio affascinato così come Einstein e quella roba là, sebbene non se ne fosse mai accorto, di questa fascinazione, non avesse mai approfondito, forse perché il professore era noioso alla morte e lui durante le ore di fisica preferiva fumare in cortile anche avvalendosi di un piccolo cilum, ma intanto a casa leggiucchiava il libro, che gli sembrava scritto bene, se non altro per scavare un sei politico con un’ultima eroica interrogazione volontaria su argomento a scelta che gli riportava su il voto in pagella in barba alla media aritmetica, perché erano le poesie a interessarlo, e la narrativa, versi e romanzi che divorava, come quella Terra Desolata che si portava sempre appresso in versione tascabile e che leggeva alle ragazze in gita scolastica, talmente consumata, nella traduzione di Serpieri, da averne imparato a memoria alcuni passi ed essersi comprato tutte le sue altre opere soprattutto quella giovanile che l’aveva ammaliato, e quindi si capisce perché a lui di studiare per avvocato, di subentrare nell’attività del padre, non poteva fregar di meno.

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