di David Watkins
(illustrazione di Andrea Balietti)
Quando mi capita di incontrare la mia vita nella sua immagine più fonda e primitiva, ciò che vedo non è un bimbo, un ragazzo, un uomo, non è una cosa che cresce, ma un ladruncolo, una cosa che ruba.
Non una fotografia, non una lettera o un aneddoto, non un ricordo, fermo o sbilenco che sia, in cui il ladruncolo non faccia la sua comparsa nell’immagine, piazzandosi felice al posto mio, con quell’aria truffaldina che persiste al variare degli umori e delle età. Che si tratti del mio primo giorno di scuola o della mia prima stempiatura, nel mio viso si aggira sempre il suo ceffo di fondo, un ladro da 4 soldi, in miniatura.
È infatti necessario farsi piccoli, più piccoli ancora, per traversare le steppe in cui finiscono gli umori, le troppe fasi della vita, e intrufolarsi beati dappertutto. La grandezza sarebbe un errore imperdonabile, nella logica del furto. Perché bisognerà rubare davvero tutto, ma come un po’ alla volta, piano piano, l’innocenza di un ladro essendo commisurata soltanto alla sua lentezza.
E io, almeno in questo senso, sono un furto innocente. Il mio modo di salutare, per esempio, questo fare ciao ciao con la manina, è l’esito di un ladrocinio che si è stratificato negli anni, avanzando a tratti, fermandosi a volte, cambiando rotta a più riprese. Nel mio saluto di oggi si contano, sedimentati e riassunti in una breve oscillazione della mano, almeno sei saccheggi. Potrei tracciare il grafico degli incontri, dei punti di svolta e dei fuggifuggi, delle interferenze e dei contagi che hanno finito per dare corpo a questa mano che saluta.
E così la mia voce, che ho raccattato un giorno per strada, tra le vie del mercato, nel chiacchiericcio di un pescivendolo agguerrito, e che poi si è come piegata verso l’alto, il suo timbro marino è quasi scomparso, quando ho cominciato a sgraffignare l’accento di un nuovo amico, ma lasciando una traccia lievemente gutturale all’interno di quest’altra voce, più terrigna e prossima al falsetto, con cui ora rispondo al telefono, se qualcuno mi chiama.
E così i miei pochi pensieri, e i pensieri che agiscono a tentoni nei gesti e nella voce, e i sorrisi di ieri, e queste parole. Tutto è stato rubato, tutto era altrove. Quando il ladruncolo eccede nella sua miniatura e scompare dall’immagine della mia vita, lì non si vede più niente.